Bango Skank Was Here
Storia di uno pseudonimo, di scrittori, di personaggi fantasma, di graffiti e di soldati americani
Bango Skank Was Here.
Cosa significa? Meno di nulla, per i più. Chi è Bango Skank? Nessuno, per molti.
Allora perché ho utilizzato per anni questo pseudonimo letterario?
Mi sono innamorato di Bango Skank leggendo la “Torre Nera” di Stephen King. I protagonisti della saga, nel corso dei vari libri, ogni tanto si imbattono in un graffito: Bango Skank Was Here. Lo trovano nei posti più incredibili, più improponibili. Per fare un esempio è come se, nel Signore degli Anelli, Frodo e compagnia bella trovassero l’incisione Bango Skank Was Here su una colonna delle miniere dei Nani, su un albero secolare della foresta degli Elfi, su un tavolaccio di legno in una taverna della capitale degli Uomini e, last but not least, sulla facciata del nero cancello di Mordor.
Ma la cosa più sorprendente sarebbe che alla canonica domanda di un Merry o di un Pipino: “Ehi, ma chi diamine è questo Bango Skank?” il buon Gandalf scrollerebbe le spalle, rimanendo in silenzio.
Già, perché Bango Skank è un personaggio del passato, anzi, un non personaggio, di cui nessuno ha mai sentito parlare, assolutamente inutile alla storia, del tutto gratuito, insensato. Un personaggio però che la magistrale penna di King ha reso, almeno per quanto mi riguarda, uno dei più affascinanti e immaginifici della saga: chi era costui? Perché è arrivato fin lì? Con quali poteri? Che fine avrà fatto?
Insomma, King mi ha dato l’incipit, il resto della storia di Bango Skank, qualunque sia, la posso scrivere nella mia testa, come la preferisco (dimostrando ancora una volta come con i manuali di scrittura i talenti veri possono anche accenderci il caminetto, perché King ha mostrato la “pistola” Bango Skank – anzi, la bomba Bango Skank – senza farla sparare… ma questa è un’altra storia).
E così mi sono appassionato alla faccenda e mi son detto: da dove sarà venuto fuori quel nome, da dove sarà venuta fuori quella frase? Ho scoperto che il nome è un omaggio di Stephen King al suo amico romanziere Peter Straub: Bango Skank è il protagonista di una sua novella, The Buffalo Hunter, contenuta nella raccolta “Houses Without Doors” (purtroppo mai tradotta in italiano).
In quanto al “Was Here” be’… qui dobbiamo rifarci agli usi e ai costumi della cultura made in USA e all’espressione “Kilroy was here”. Cito wikipedia: una espressione della cultura di massa statunitense, spesso rappresentata sotto forma di graffito. La sua origine è controversa, ma la frase e il disegno di “Kilroy”, un pupazzo calvo (talvolta con pochi capelli), con un naso prominente, che sbircia da sopra un muro, aggrappato con entrambe le mani, erano molto noti tra gli statunitensi durante la seconda guerra mondiale.
La nascita di questa espressione, dovuta probabilmente all’ispettore di cantieri navali americani James J. Kilroy, è una di quelle storie dal fascino intramontabile, oggi forse più di ieri, visto e considerato come le nuove generazioni siano quasi dipendenti dal concetto stesso di “viralità”. Se siete curiosi di sapere come costui sia involontariamente riuscito a creare un contenuto virale durante la WW2, be’, leggete questo.
E così i soldati americani hanno iniziato a scrivere “Kilroy was here” ovunque capitassero, e oggi quel graffito si trova un po’ dappertutto, in giro per il mondo.
King quindi ha preso il personaggio di Straub e lo ha messo in un graffito al posto di Kilroy, il tutto in un fantasioso mondo post apocalittico.
E poi sono arrivato io, che mi sono infilato in questa girandola di omaggi e furti (omaggi tra personaggi famosi i loro, furto di un perfetto sconosciuto il mio) nei primi anni del millennio, quando – da Master – chiamai Bango Skank un personaggio delle mie campagne di GURPS: era un ragazzino terribile, intelligentissimo, mezzo umano e mezzo demone, con cui riuscivo sempre a fregare i miei giocatori. I miei giocatori, già… lo hanno odiato per anni, Bango Skank.
Poi un giorno decisi di metter su un blog di racconti su Splinder (con molto ritardo in realtà, giusto qualche mese prima che quella piattaforma chiudesse). E visto che chiamarsi con uno pseudonimo andava di moda e che con i nomi non sono mai stato una scheggia, ebbi la bella pensata di chiamarmi “Bango Skank”.
Da allora sono passati diversi anni, anni in cui ho scritto decine e decine di racconti brevi, sempre con lo stesso pseudonimo: Bango Skank.