Scrittore svantaggiato

Scrittore svantaggiato - Racconto bizarro fiction di David Fivoli

Lo scrittore più svantaggiato – la persona a proposito della quale si risponde subito di no – è quello il cui senso del linguaggio sembra incorreggibilmente deviato. L’esempio più ovvio è lo scrittore che non riesce a muovere un passo senza servirsi di frasi del tipo “con un lampo di felicità negli occhi”, o “la deliziosa coppia di gemelli”, o “l’eco della sua sonora risata”: espressioni prive di vita, emozioni meccaniche, da zombie, di uno scrittore che nella vita quotidiana non prova alcuna sensazione o comunque non crede a ciò che sente in misura sufficiente da cercare di definirlo con parole proprie, e quindi preferisce ripiegare su “ella soffocò un singhiozzo”, “un sorriso amichevole all’angolo della bocca”, “inarcando il sopracciglio in quel tipico modo interrogativo”, “le spalle larghe”, “il braccio avvolgente”, “un lieve sorriso le piegava il labbro”, “la voce rauca”, “il volto incorniciato da riccioli ramati”.

John Gardner – Il mestiere dello scrittore – Marietti

 

Dedicato a John Gardner, con affetto e stima, da Bango Skank

 

Lei, la Diva, era poggiata con aria distratta alla finta colonna corinzia che troneggiava al centro del salone da ballo del fiabesco castello di Drama. Bellissima e fatale, ogni uomo presente alla festa non poteva fare a meno di ammirarla. E di desiderarla, più o meno segretamente, a seconda di quanto fosse sposato, o ufficialmente fidanzato, o semplicemente accompagnato quella sera. Chi non apparteneva a queste categorie invece, le girava intorno con un moto simile a quello orbitale dei pianeti del sistema solare. Lei era il sole, un sole dal volto splendente, incorniciato da riccioli ramati. Decine di giovani uomini – e di uomini che giovani erano stati un tempo – le gravitavano intorno, chi con la sfacciata insistenza di un Mercurio, chi con l’ingombrante presenza di un Giove, chi con la timida grazia di un Plutone.

Lei, la Diva, rideva svogliata alle battute dei suoi spasimanti, e si godeva quella festa tra le celebrità del cinema aspettando colui che, unico tra tutti, le faceva bloccare il respiro e fermare il cuore nel petto. Quando finalmente costui entrò nella sala e le sorrise, un lampo di felicità attraversò i suoi occhi celesti. Si fece strada tra i suoi ammiratori con leggerezza e se ne andò sul balcone, da sola. Era un tacito invito: sapeva che lui l’avrebbe raggiunta. L’avvicinarsi dell’eco della sua sonora risata, risposta gradevole e spensierata alle avance di qualche attricetta sfacciata, le diede ragione.

Lui, l’attore più bello e famoso del mondo. Lui, dalle donne considerato anche il più bravo. Lui, le spalle larghe, sicuro di sé e sempre sorridente. Lui, elegante e perfetto, con i suoi completi scuri e la deliziosa coppia di gemelli di brillanti bene in vista. Lui, il Gigione, stava arrivando.

Quello che la Diva e il Gigione non sapevano era che nella sala, nell’angolo più scuro, quasi in disparte e invisibile ai più, Bango Skank si stava sbronzando. E stava fumando erba, sprofondato in una comoda poltroncina imbottita posta proprio davanti a un tavolo imbandito di ogni ben di dio. Bango Skank scriveva su un vecchio notebook e calzava dei jeans strappati. E una t-shirt con scritto sopra: “Scrittore Svantaggiato”. Davanti a lui, sul tavolo, una targhetta.

“Sono uno Scrittore Svantaggiato. Creo serate in mondi patinati o come cazzo li volete voi in cambio di una cena. Esisto nella vostra immaginazione come e quanto voi esistete nella mia. Il paradosso spazio-temporale e concettuale che presuppone la mia esistenza in questo racconto di merda io non ve lo so spiegare, chiedetelo al limite a un fisico teorico. Ma se volete che la vostra serata funzioni, attenetevi a queste tre semplici istruzioni: lasciatemi scrivere, ignoratemi e, soprattutto, non rompetemi i coglioni. GENIO SVANTAGGIATO AL LAVORO!”

Si da il caso che una giovane comparsa di quella festa, un ragazzetto che il buon Fedor Dostoevskij avrebbe definito brufoloso e scrofolotico a fargli un piacere, si accorse di Bango, e capì all’istante il suo ruolo. E iniziò a pregarlo –  versandogli copiose coppe di vino e passandogli canne d’erba sopraffina – di scrivere la storia in modo che fosse lui, e non il Gigione, a finire a letto con la Diva.

Bango, dal canto suo, non eliminò lo scocciatore con un paio di righe, che potevano andare dal cattivissimo “La Diva e il Gigione, persi l’uno negli occhi dell’altra sotto la chiara luce di una luna ubriaca, non si accorsero del trambusto che arrivava dal salone, dove un giovane dai capelli rossi che non spiccava di certo per bellezza era stato colto da un terribile malore e stava morendo tra atroci tormenti…” al più stiloso “La Diva e il Gigione, persi in un abbraccio che faceva fermare il tempo in un istante che sembrava dovesse durare in eterno, non si accorsero del saluto che dal giardino gli porse un giovane dai capelli rossi che non spiccava di certo per bellezza, il quale stava lasciando anzitempo la festa…”

No, il genio svantaggiato lasciò anzi parlare lo strano ragazzo e, bevendo e fumando oltre i suoi limiti, decise di aiutarlo.

Poco dopo, la Diva si lasciò cingere dal braccio avvolgente del Gigione, mentre un lieve sorriso le piegava il labbro. Ella aveva il cuore in tumulto, era felice. Si girò verso il grand’attore, lasciando scivolare i fianchi sul suo corpo. Lo guardò negli occhi. Pochi centimetri dividevano le loro labbra. Chiuse le palpebre, decisa a baciare quel sorriso perfetto e amichevole che gli partiva dall’angolo della bocca. Fu allora che sentì la voce (ora terribilmente rauca e sgraziata) del Gigione dire: «Senti, troiè; invece de baciamme, perché non te inginocchi e me succhi er cazzo?».

Uno shock.

La Diva non poteva credere alle proprie orecchie. Si scansò, allibita, mentre il Gigione iniziava a sbottonarsi la patta, continuando a parlare, tra un sonoro rutto e un altro.

«Na bella pompa ce sta proprio bene, ora! Poi ci sbronziamo come due merde, ce caliamo un par de acidi e andiamo da me. Me te trombo a morte fino a domani mattina, e se me dai pure er culo guarda… tipo che ho fatto tredici!»

Ella soffocò un singhiozzo. Non era possibile. Nella sala principale, intanto, tutti gli ospiti si erano spogliati e si accoppiavano a caso in un’abominevole orgia. Era un incubo.

Fu allora che sul balcone mise piede un giovane dai capelli rossi. Forse non bello, ma di certo coraggioso. E il coraggio, si sa,  nella vita  nelle favole vale ben più della bellezza. Il giovane guardò il Gigione con disprezzo, la Diva con amore. E le disse: «Ti salverò io, mia adorata».

Il Gigione, con l’enorme uccello dritto già fuori dai suoi boxer firmati, lo scrutò inarcando il sopracciglio in quel tipico modo interrogativo proprio dei gigioni, e lo apostrofò sprezzante.

«Ma guarda sto roscio! A frocè, ma che cazzo vuoi? Levate dai coglioni prima che te meno. Te faccio due occhi neri che se te metti a masticà er bambù er WWF te inizia a protegge!»

Il ragazzo guardò nervoso oltre le vetrate delle finestre del balcone, al tavolo dello Scrittore Svantaggiato. Trovò gli occhi semichiusi e sognanti di Bango e gli fece un cenno. A quel punto, lo scrittore si rimise a scrivere.

Il Gigione rimase imbambolato per alcuni secondi, quindi salì sul cornicione del balcone, pronunciando frasi sconnesse. «Il riscaldamento globale è una gran cazzata. Io rivendico il diritto dei gatti  e dei cani domestici di votare al referendum per l’abolizione del numero 5, e voglio un mare dove possano nuotare liberamente le calcolatrici tascabili di colore verde!»

Poi si gettò di sotto, spiaccicandosi sul marciapiede. E morendo sul colpo, senza soffrire.

La Diva se ne andò mano nella mano con il giovane dai capelli rossi. Lo portò nella sua villa principesca, una villa degna di una Diva. E fecero l’amore, felici, prima di svanire nel nulla di un sogno che gioca a essere un vacuo ricordo di sensazioni lontane e mai nate compiutamente quando Bango Skank, lo Scrittore Svantaggiato sbronzo marcio e strafatto, prima di cadere addormentato sul tavolo, chiuse il suo notebook (e il file .docx con le loro vite ) senza salvare.

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